Organici scuola 2022/2023: docenti, zero investimenti e poca chiarezza
Chiuso il confronto al ministero con dati insufficienti e risposte elusive. Non sono stati forniti i quadri sugli alunni iscritti a.s. 2022/23 né lo schema di decreto per attuare gli interventi di riduzione numerica delle classi. L’organico non deve essere un’operazione contabile, ma un investimento sulla qualità della scuola.
Dopo i due distinti incontri in cui il Ministero dell’Istruzione ha convocato le organizzazioni sindacali per la dovuta informazione sull’organico dei docenti 2022/2023, pochi sono stati gli elementi conoscitivi utili a chiarire le varie questioni in campo: dall’avvio dell’insegnamento di educazione motoria nella primaria, agli interventi di deroga sulle classi numerose, dagli indicatori di disagio, all’incidenza del calo demografico.
Il Decreto interministeriale che andrà emesso di concerto con il MEF è fermo e le tabelle dei contingenti, illustrate nella riunione del 28 marzo scorso, riportano numeri ancora non formalmente approvati.
Ad oggi manca sia il supporto dei dati relativi alle iscrizioni degli alunni alle classi prime, con il raffronto puntuale tra gli aa.ss. 2021/22 e 2022/23 per l’esame delle variazioni, sia un ulteriore decreto che, secondo quanto previsto dalla Legge di bilancio 2022, dovrà definire le soglie di status sociale, economico e culturale e di dispersione scolastica secondo le quale derogare al DPR 81/09 per ciò che concerne la costituzione numerica delle classi.
Le proiezioni illustrate alle organizzazioni sindacali sono infatti impossibili da leggere in assenza dei suddetti strumenti, tanto che le scelte del Ministero risultano oscure ed ingiustificate, ostinatamente sorde alle richieste che come FLC CGIL abbiamo più volte reiterato.
Dopo la decisione unilaterale di anticipare tutte le operazioni connesse alla determinazione degli organici, dalle domande di pensionamento all’urgenza immotivata di chiudere la trattativa sul CCNI mobilità 2022/25 acquisendo la firma di una sola sigla, il Ministero latita sui tempi, accumulando un incomprensibile ritardo a meno di tre settimane dalla chiusura fissata per definire i posti disponibili per la mobilità.
Da parte dell’amministrazione, al di là delle dichiarazioni di intenti, appare sempre più evidente l’incapacità di rapportarsi col mondo della scuola ed ascoltare quanto da esso proviene, anche quando a rappresentare i problemi, per condividere e suggerire soluzioni, sono i sindacati che quel mondo lo conoscono bene.
L’allarme sulla inadeguatezza dell’organico è trasversale sui docenti, come sul personale educativo e ATA: solo sui primi abbiamo avuto il riscontro deludente già riferito, ma nulla lascia intendere che le cose possano andare meglio per gli altri profili.
Non c’è alcun investimento sulla scuola e, in genere, sul comparto della conoscenza, né modifiche strutturali e programmate nel tempo; si tratta sempre di operazioni contabili dettate dal Ministero delle Finanze nel silenzio di qualsiasi riflessione pedagogica.
L’idea di progettare un percorso di miglioramento del sistema che forma i futuri cittadini, innalzando i livelli di benessere produttivo, sociale e culturale del paese rimuovendone i divari, è ancora una volta idea sconosciuta alla politica, di questo governo come dei precedenti da molti anni.
Cominciare proprio dalla riduzione degli alunni per classe e operare una progressiva modifica del DPR 81/2009, deve essere la prima significativa misura di attenzione verso una scuola da cui si pretende moltissimo ma dando poco. L’idea di rinnovare “ad invarianza di risorse” scommettendo sulla denatalità (se non sul taglio del curricolo di studi) per ridurre i posti, impoverisce il sistema, lo rende più fragile, demotiva e disorienta il personale: non certo quello che serve, né una scelta di avanzamento.
In tante occasioni, come FLC CGIL, abbiamo presentato proposte emendative su questa norma al fine di superarla per via legislativa e anche nello sciopero del 10 dicembre 2021 il tema era all’ordine del giorno delle rivendicazioni.
Da due anni l’emergenza sanitaria ha aperto scenari nuovi sulla centralità della scuola, il cui ruolo insostituibile fatto di partecipazione, presenza e confronto, richiede ben altre risorse e garanzie, condizioni non più rinviabili su cui chiediamo alla politica il massimo impegno e al Ministero dell’Istruzione di riprendere quelle relazioni costruttive con le parti sindacali ora molto in declino.