Scuola, la segretaria Flc Cgil: “Servono 130.000 docenti in più e sui professionali siamo tornati indietro di 20 anni”
Fracassi: “La scuola un argine contro la violenza sulle donne. Il ministro sbaglia, i precari sono 200.000. E il suo governo non investe sull’istruzione”
Corrado Zunino
Segretaria Gianna Fracassi, lo scorso maggio è tornata a guidare la Flc Cgil dopo l’esperienza fatta dal 2009 al 2014 e con l’avvio dell’anno scolastico ha scritto una lettera al ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara parlando della scuola come di “un naturale presidio di prevenzione di logiche e comportamenti di violenza, di sopraffazione, di degrado umano e civile”. Ha specificato che la prima questione è la violenza sulle donne.
“Quello che è accaduto nei giorni scorsi, in particolare a Caivano, mi ha colpito, e poi mi ha colpito il ministro che ha annunciato iniziative sul tema violenza sulle donne che si chiuderanno il 25 novembre. Mettere una bandierina non ha davvero senso, questa è una questione da trattare negli anni, non ci si può limitare a interventi spot. Bisogna ridurre il danno, prevenire, cambiare mentalità. Il processo di violenza si è solidificato e il muro di vetro è diventato un muro di cemento. Lo favoriscono le tante periferie del nostro Paese, caratterizzate dal lavoro povero e occasionale che inevitabilmente si risolvono, presso i nostri adolescenti, in una distorta visione del mondo e nel loro modo stesso di stare al mondo. A proposito”.
Dica.
“Di quelle iniziative annunciate da Valditara non è ancora partito nulla”.
“EDUCAZIONE SESSUALE NECESSARIA”
Che cosa potrebbe fare la scuola su questo tema?
“Formazione per insegnanti, innanzitutto, che spesso hanno scarsi strumenti. Interventi educativi aggiuntivi, ma senza risorse non si va da nessuna parte. Oggi incontro il ministro e glielo dirò. Il terreno di risposta alle vicende aperte dai fatti di Caivano è sbagliato. L’Agenda Sud è un palliativo, non una risposta seria: riguarda 265 scuole su 3.000 nel Mezzogiorno, meno del 10 per cento. Coinvolge 4-5 docenti per ogni istituto e si usano soldi, tra gli altri, del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Il progetto si presenta povero già dalle slide presentate al ministero”.
Restiamo sul tema violenza, spostandoci a quella esercitata in classe, a volte sui docenti. La risposta del governo?
“Il Decreto legge Caivano è semplicemente punitivo, non si occupa della prevenzione del fenomeno. E non sarà il voto in condotta a portare al rispetto per gli insegnanti. Per riportare rispetto devi, innanzitutto, rendere stabile il loro lavoro e pagarli”.
Per lei, e il sindacato che rappresenta, il problema dell’escalation dell’aggressività degli studenti esiste?
“Partiamo dal dire che non ci sono dati e che nessuno è in grado di dire quanto sia in crescita il problema. Secondo, il disagio è frutto di quello che abbiamo passato, due anni terribili, la pandemia. Il disagio è esploso, e alcuni episodi sono gravi. Alcuni interventi compensativi sono utili, ma bisogna agire in termini di prevenzione. Ci sono già strumenti. Altri, come lo psicologo a scuola, lo attendiamo. In questi anni si è perso il sostegno socio-sanitario e dei servizi sociali. La scuola è rimasta un’isola nel mare della società”.
Lei crede nell’educazione sessuale a scuola?
“Certo, pochi lo sanno ma esiste dagli Anni ’80. Va aggiornata, tenendo conto della crescita dei nostri ragazzi rispetto a noi. Vedo, invece, reazioni regressive sul tema. A luglio abbiamo firmato che prevede l’introduzione delle carriere Alias tra i lavoratori e associazioni di destra hanno diffidato le scuole ad aprire questo spazio. Il ministro, per fortuna, ha ricordato che la clausola esiste in tutti i contratti pubblici”.
Questa è l’Associazione Pro Vita, ma secondo lei com’è questo governo rispetto a questi temi?
“Alcuni sottosegretari hanno seguito Pro Vita, per esempio”.
Il governo ha varato una riforma per gli istituti professionali: quattro anni invece di cinque, il collegamento con gli istituti superiori Its. Non sono gli stessi studenti, in particolare i dispersi, a chiedere un’istruzione più pratica?
“Gli interventi sulla filiera tecnica e professionale, ispirati dal modello Lombardia, sono disastrosi, rimandano il Paese indietro di vent’anni. La canalizzazione precoce di un pezzo di gioventù ben individuato, gioventù da indirizzare verso percorsi esclusivamente lavorativi, non va bene. Questo continuo riferimento al territorio parla all’oggi non al futuro. Dopo quattro o sei anni gli studenti usciranno da questo tipo di scuola spiazzati, costretti a nuovi aggiornamenti. Devi dare strumenti, invece, per comprendere cosa succederà nel mondo dopo la tua iscrizione a scuola.Vedo, infine, una forte confusione tra percorso di istruzione e addestramento”.
Il ministro vuole agganciare i professionali agli Istituti tecnici superiori, gli Its.
“L’aggancio c’è già, è naturale, non c’è bisogno di una riforma. Chiamarli Academy è provincialismo italiano, ma questo è un dettaglio. Il cuore dell’intervento è la riduzione di un anno di scuola, e solo per alcuni percorsi. Questo che significa, limitare alcune materie? Di nuovo, tutto sulle spalle della povera scuola, anche la futura occupazione. E le politiche di sviluppo assenti? E la mancanza di formazione?”.
Sono gli studenti a chiedere più pratica a e meno teoria. Dicono, alcuni: “La scuola non ti insegna a fare i soldi”.
Il modello di didattica è un tema enorme, iniziamo a ripristinare le ore di laboratorio tagliate dalla Legge Gelmini. Quello di “fare i soldi” è un pensiero indotto, condizionato anche da un’idea semplice e semplicistica del rapporto con il lavoro, un lavoro privo di sacrificio”.
“SOLO SOSTITUZIONI DI CHI VA IN PENSIONE”
Scrive che nella scuola italiana, grazie alla Legge Gelmini del 2010,
mancano 130.000 maestri e professori. E’ così? Neppure le 84.000 assunzioni della Buona scuola hanno consentito di recuperare quei tagli?
“Negli ultimi tredici anni ho osservato, per un periodo anche come osservatrice esterna, una semplice sostituzione dei docenti andati in pensione. Allora assistemmo a un drastico taglio della didattica curriculare e laboratoriale, con la conseguenza di rendere la scuola debole e in seria e permanente difficoltà nel far fronte alle richieste della modernità. Questo vale per le segreterie scolastiche e i servizi generali, depauperati di 50.000 persone, Faticano persino a garantire sicurezza e sorveglianza”.
Dite: nelle classi non più di venti alunni. Anche Valditara è per un’istruzione personalizzata, alunno per alunno.
“Se ne trovi 33, in classe, diventa complesso realizzare i suoi intenti. Gli alunni di alcune zone del Sud, in mancanza di tempo pieno o prolungato, finiscono per frequentare un anno in meno rispetto ai loro coetanei”.
C’è una diatriba in corso sul numero dei precari. I sindacati ne stimano 200.000, il ministro, citando gli uffici, dice che quest’anno saranno significativamente meno. Ha elementi da portare alla questione?
“Il ministro ha torto. Il conto è semplice: ci sono 40.000 posti diritto da coprire, 110.000 deroghe di sostegno, 14.000 organico di fatto, quelle del potenziamento della Buona scuola di Renzi, 30.000 ausiliari tecnico-amministrativi. Siamo a 194.000 docenti precari e 30.000 ausiliari tecnico-amministrativi, di cui il ministro si è completamente dimenticati. Siamo, ne ho certezza, in difetto nelle stime. L’anno scorso le supplenze annuali furono 268.000”.
Come sono stati, nell’ultimo anno, gli investimenti sulla scuola?
“C’è stato il rinnovo del contratto, un contratto scaduto da tre anni, e poco altro. L’unica iniziativa di programma è stata l’Agenda Sud, e ne abbiamo detto la fragilità. Ecco, attendiamo di rinnovare, in fretta, il contratto 2022-2024. Abbiamo già perso un anno. Ripartiamo da qui per dare dignità agli insegnanti”.
“SIAMO PER LA FORMAZIONE DEI DOCENTI OBBLIGATORIA”
Parliamo di una contraddizione sindacale. E’ appurato che la continuità didattica è uno degli elementi cardine del buon insegnamento, ma voi vi opponete con forza al vincolo di tre anni su una cattedra spingendo per il ritorno, spesso al Sud, dell’insegnante scelto.
“Non contesto l’importanza della continuità di cattedra, ma c’è solo un modo per garantirla: stabilizzare il personale. Tutti gli altri sono escamotage che non reggono”.
Diciamo una parola chiara sulla formazione? Gli insegnanti, come tutti i lavoratori della contemporaneità, devono avere un obbligo di formazione continua?
“Siamo per la formazione obbligatoria, lo abbiamo scritto sull’ultimo contratto. Nelle 40 ore più 40 ci deve stare anche la formazione”.