Ultima modifica: 21 settembre 2023
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Lettera aperta della segretaria generale FLC CGIL al Ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara

Gianna Fracassi: scriviamo per rendere le nostre preoccupazioni all’apertura del nuovo anno scolastico e per affrontare le emergenze in campo.

21/09/2023

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LETTERA AL MINISTRO DELL’ISTRUZIONE E DEL MERITO, GIUSEPPE VALDITARA

Signor Ministro,

Le scriviamo in forma pubblica e aperta perché riteniamo rendere esplicite le nostre preoccupazioni all’apertura del nuovo anno scolastico e per affrontare le emergenze in campo.

L’esistenza delle giovani generazioni è oggi attraversata da processi e fenomeni che possono assumere anche manifestazioni sconvolgenti, per violenza e degrado di ciò che consideriamo “umanità”, come quelle che si sono appalesate recentemente e che, in questo momento, sono sulla cresta dell’onda mediatica.

L’onda mediatica, Signor Ministro, è quasi tautologicamente effimera, ma le giovani generazioni, le loro esistenze, le loro domande, invece, permangono. E ci interrogano come donne e uomini, cittadini adulti, come istituzioni, come scuola, perché le bambine violate e anche i bambini che le hanno violate sono figlie e figli nostri, di questa società, di questo mondo, di questa nostra cultura e mentalità.

È unanime oggi il richiamo alla funzione imprescindibile del sistema dell’istruzione per la formazione civica e democratica delle giovani generazioni e come naturale presidio di prevenzione di logiche e comportamenti di violenza, di sopraffazione, di degrado umano e civile. Di quel sistema noi rappresentiamo le lavoratrici i lavoratori. È impensabile che si possa mettere in campo qualche cosa di efficace per sanare, per ridurre il danno, per prevenire, per cambiare mentalità senza il coinvolgimento attivo e partecipe del sistema dell’istruzione e delle sue lavoratrici e dei suoi lavoratori.

Il sistema politico vive di consenso, ma perde il suo senso se per inseguirlo sceglie la strada della propaganda, della banalizzazione, di risposte semplicistiche e roboanti che durano peraltro lo spazio-tempo di un titolo sui media a problemi che sono complessi e strutturali e purtroppo duraturi e permanenti.

La violenza dei maschi sulle donne e sulle bambine non è un fulmine a ciel sereno. Non è un caso isolato per cui inorridire e poco dopo dimenticarsi. Non conosceremo mai tutti i casi. Certamente, drammaticamente, sono assai più di quelli che emergono. È fenomeno “culturale” che attraversa tutte le classi, i ceti, le condizioni economiche, ma che la vulnerabilità sociale, con il suo carico di sofferenza, certamente favorisce. Lo favoriscono certamente le tante periferie del nostro Paese, al Sud, al Nord, al Centro, caratterizzate dal disagio, dal degrado, dal lavoro povero e occasionale che inevitabilmente si risolvono, presso i nostri adolescenti, in una distorta visione del mondo e nel loro modo stesso di stare al mondo. Di certo questi problemi non si fermano ai confini del Comune di Caivano. Tuttavia questi luoghi pullulano anche di scuole buone, di tante presenze, iniziative, progetti, interventi di qualità. Spesso con poche risorse, spesso dando vita a esperienze frammentate e parziali, ma preziosissime.  Il frastuono dell’approccio estemporaneo, propagandistico e mediatico rischia di oscurare queste realtà, di marginalizzarle più di quanto già lo siano. Di fronte a questo abbiamo bisogno di una scuola che sia messa in condizione di assumere la regia degli interventi educativi sui diversi territori. Di costruire rete e patti educativi. In un contesto dove vanno potenziate tutte le infrastrutture di sostegno sociale. Messa in condizione, soprattutto, di essere realmente inclusiva e attraente. Un luogo in cui sperimentare accoglienza, rispetto, ascolto e valorizzazione delle diversità, vivere la solidarietà, co-costruire processi di conoscenza, condividere il piacere della scoperta, individualizzando i percorsi per garantire a tutti e a tutte di raggiungere gli obiettivi di apprendimento. E imparare a partecipare, a essere consapevoli dei propri diritti e dei propri doveri, perché la scuola è il luogo di costruzione della cittadinanza. Un obiettivo democratico fondamentale.

Per far ciò serve tanta cura per la professionalità docente e per tutte le professionalità di scuola.

Davvero, ci creda, non sono per nulla utili interventi che durano poche settimane o si concludono nell’arco di due anni scolastici. Servono piuttosto interventi di struttura, permanenti, solidi ed efficaci sono necessari interventi “ordinari”, di periodo.

Gliene indichiamo alcuni.

Dobbiamo incrementare il tempo scuola laddove esso palesemente appare ridotto a tal punto che alcuni alunni del nostro Paese, in mancanza di tempo pieno o prolungato, finiscono per frequentare un anno in meno rispetto ad altri che frequentano scuole con tempo didattico maggiorato.

E, da questo punto di vista, non nascondiamo la nostra preoccupazione per la progettata riduzione del tempo scuola di un anno per gli istituti tecnici e professionali e per l’idea che si possa prevedere una scuola tecnica e professionale subordinata a visioni territoriali di cortissimo respiro e non invece proiettata sui processi di sviluppo che investono non solo il nostro paese ma il mondo, digitalizzazione e transizione verde ne sono un esempio.

Anche per questo crediamo ci sia bisogno di più scuola: l’obbligo scolastico deve essere innalzato ai 18 anni e resa obbligatoria la frequenza alla scuola dell’infanzia.

Occorre ripristinare l’organico che nel 2008/11 fu tagliato nell’ordine di circa 130.000 unità di personale in tutti i gradi scolastici, a cui corrispose un drastico taglio della didattica curriculare e laboratoriale, con la conseguenza di rendere la scuola debole e in seria permanente difficoltà nel far fronte alle richieste della modernità e soprattutto garantire i processi di inclusione, fondamentali a contrastare la dispersione scolastica. Anche le segreterie scolastiche e i servizi generali, depauperati di ben 50.000 unità, faticano a reggere l’urto delle innovazioni costanti e crescenti e faticano a garantire la stessa sicurezza e sorveglianza.

Occorre debellare la precarietà creando le condizioni affinché non esista più il cosiddetto organico di fatto, precondizione questa perché la qualità della didattica faccia un balzo in avanti, assicurata come sarà dalla continuità didattica oggi minacciata dalla provvisorietà degli incarichi di lavoro.

E a maggior ragione la continuità del tempo indeterminato si impone a favore degli alunni con disabilità la cui presenza nelle classi dovrebbe portare il numero a non più di venti alunni eliminando gradualmente l’affollamento che è di per sé ostacolo ad una didattica individualizzata che è altra preziosa risorsa funzionale allo sviluppo della persona in formazione.

Potremmo continuare, ma lei conosce i dati: sulle circa 40.000 sedi scolastiche ben 23.000 circa non sono in possesso del certificato di agibilità, ben 200.000 sono i precari della nostra scuola, solo il 4.1 % del PIL viene impiegato per il sistema di istruzione a fronte di circa il 5% della media UE, le nostre scuole crescono sempre più in dimensione e ciò abbatte drasticamente la possibilità di garantire nel territorio il presidio di inclusione e di regia degli interventi educativi, e le misure annunciate di un ulteriore riduzione delle autonomie scolastiche non farà che peggiorare la situazione di complessi scolastici che ben meritano la definizione di scuole “alveari”. Per questo occorrono risorse, Signor Ministro, tante risorse da considerare come l’investimento più importante e non come spese.

Urge un nuovo progetto, condiviso, diffuso, strutturato per il sistema dell’istruzione di questo Paese.

Il diritto all’istruzione deve essere uguale per tutti i nostri alunni indipendentemente dal luogo di residenza sicché noi consideriamo qualsiasi ipotesi di autonomia differenziata e di regionalizzazione della dipendenza degli insegnanti, come qualcuno già avanza, un’ipotesi decisamente errata e da evitare. Sarebbe profondamente sbagliato dividere ciò che la stessa Costituzione garantisce e tutela: il sistema di istruzione statale e la garanzia del diritto all’istruzione per tutte e tutti a prescindere del luogo dove si è nati.

Infine, Sig. Ministro, il Contratto. Le chiediamo che fin da subito, in questa prossima legge di Bilancio vengano stanziate le risorse per il triennio 2022-24, senza che lei attenda che il triennio scada, come sta avvenendo quasi d’abitudine negli ultimi anni. Risorse per equiparare il personale della scuola ai colleghi europei. Risorse per valorizzare il sistema della conoscenza nel suo complesso, quindi università, ricerca e Afam.

È il minimo sindacale.

Questo, accanto alle altre misure da noi suggerite, sarebbe un segnale di attenzione che sarebbe doveroso dare, al di là delle buone e belle parole che si pronunciano sulla centralità della scuola e della conoscenza e dei suoi operatori.

Il Segretario generale FLC CGIL

Gianna Fracassi