Scuole chiuse per il Coronavirus, c’è la proroga. Quando riapriranno? Le ipotesi (anche su voti e maturità)
Dopo l’annuncio del premier il Miur si prepara a mantenere valido l’anno anche se si dovesse tornare a maggio o addirittura chiudere fino alla fine dell’anno scolastico. Azzolina: non prolungo le lezioni a giugno
Gianna Fregonara
Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha dichiarato al Corriere della Sera che la chiusura delle scuole a causa del coronavirus sarà prorogata. «È chiaro che i provvedimenti che abbiamo preso, sia quello che ha chiuso molte delle attività aziendali e individuali del Paese, sia quello che riguarda la scuola, non potranno che essere prorogati alla scadenza», ha detto. Al momento, la chiusura delle scuole è prevista fino al 3 aprile.
Il primo segnale che si andasse in questa direzione era arrivato, sia pur indirettamente, due giorni fa: dal ministero dell’Istruzione era infatti partita una nota per dire agli insegnanti che cosa devono essere esattamente le lezioni a distanza. E soprattutto che devono cominciare a dare i voti. Segno che la didattica digitale diventa per davvero la modalità del secondo quadrimestre dell’anno scolastico.
Quanto sarà lunga la chiusura? Toccherà agli esperti dire con esattezza quando l’emergenza sarà finita. Le ipotesi in campo sono almeno tre.
– Un prolungamento breve delle chiusure, fino a dopo Pasqua (che cade il 12 aprile): è l’ipotesi più improbabile, al momento;
– un altro scenario sposta la scadenza a maggio;
– un terzo scenario porta la chiusura fino alla fine dell’anno scolastico, ai primi di giugno (come deciso ad esempio dall’Irlanda).
Ci saranno proroghe dell’anno scolastico? No: quello che è certo è che l’anno finirà come sempre, a casa o in classe. Lo ha detto la ministra Azzolina, due giorni fa:non è prevista un allungamento a giugno o luglio. Anche gli esami di maturità e terza media si terranno nelle date già fissate dal calendario. Saranno sicuramente più leggeri.
Didattica digitale
Prende forma a poco a poco la didattica digitale nazionale: toccherà ai professori darle la fisionomia definitiva. Ma i principi sono segnati: attività di apprendimento, cioè vere e proprie lezioni e voti o valutazioni del lavoro svolto. L’obiettivo, anche se non si dovesse tornare in classe, resta comunque quello di arrivare alla «validità non solo formale ma sostanziale dell’anno scolastico». Cioè che gli otto milioni di studenti continuino a studiare fino alla fine.
I voti a distanza
Avanti dunque con le lezioni a distanza per ora: gli insegnanti non possono limitarsi a dare compiti a casa – ha specificato il ministero – questa non è la didattica digitale di cui si parla da settimane. Devono dare i voti, perché la valutazione non è una «sanzione» ma è un dovere per gli insegnanti e un diritto per gli studenti. Ma come si valutano lo sforzo e il lavoro degli studenti? La scelta spetta agli insegnanti, che la condividono con i collegi dei docenti assieme ai presidi: decideranno come procedere, ma certamente anche le lezioni di questi giorni avranno un peso nella valutazione finale. Se il ministero chiede «buon senso», invita anche gli studenti ad avere fiducia nei propri insegnanti, perché la valutazione — si legge — non è una sanzione, ma un dovere per i prof e un diritto per gli studenti. Dunque sì ai voti ma con giudizio, per come gli studenti seguono, se fanno i compiti assegnati, se hanno bisogno di qualche forma di recupero e consolidamento tenendo conto della difficoltà di adeguarsi alla nuova realtà. Insomma, non basta saltare una lezione o non collegarsi per tempo una mattina per prendere un brutto voto.
Attenti ai video (e ai compiti)
Il ministero si spinge oltre e dà altre indicazioni ai professori e ai presidi: per gli asili si consigliano video dal carattere ludico, da visionare con i genitori; per la primaria si richiede il giusto equilibrio tra didattica e pause, per medie e superiori è consigliato un mix di lezioni con le aule virtuali e di materiali «a fruizione autonoma e differita». Da oggi sarà online anche una pagina dedicata alla didattica per gli studenti con disabilità. Nel programmare l’attività bisogna che maestre e professori facciano attenzione a non far usare schermi e video troppo a lungo ai loro alunni. Attenzione all’«eccessivo carico cognitivo», avverte il ministero, cioè no all’eccesso di compiti.
Come cambia la maturità?
L’esame di Maturità cambierà: parola della ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina intervistata da Giovanni Floris a DiMartedì: «Sto prospettando diversi scenari — spiega — ma sarà un esame serio, pur tenendo conto della situazione di emergenza». Di sicuro non cambieranno le date: si comincia il 17 giugno. Altrettanto sicuro sembra che non saranno obbligatori né Invalsi né alternanza scuola-lavoro. Al ministero si sta pensando se ridurre le commissioni: niente commissari esterni (lo chiedono anche gli studenti e i sindacati), saranno i prof della classe, con un presidente esterno, a giudicare i loro alunni come avviene già per l’esame di terza media. Sotto la lente è anche la seconda prova, quella di indirizzo, la più temuta dai ragazzi: si discute se rimodularla, cioè adeguarla al programma svolto, o se addirittura eliminarla: è la richiesta del coordinamento degli studenti, se la scuola non dovesse riprendere a maggio. C’è infine il tema dell’ammissione all’esame: l’ipotesi allo studio è quella di ammettere anche chi non ha recuperato le insufficienze del primo quadrimestre. La ministra Azzolina ha però ripetuto che «non ci sarà il 6 politico», cioè la promozione assicurata.
La protesta dei sindacati
Il passo in avanti del governo sulla didattica a distanza, ai sindacati – già critici – non piace per niente. Tanto è vero che chiedono immediatamente al ministro di ritirare la disposizione (sul dare voti a distanza) e di convocarli al più presto per discutere. Non è questione dei problemi delle lezioni a distanza, che sono ancora moltissimi, soprattutto per gli studenti e le realtà più deboli. Per i sindacati il passo avanti della ministra Azzolina è contro la legge e non è giustificato: «Le modalità individuate dalla nota – si legge in un documento firmato da Cgil, Cisl, Uil, Gilda e Snals – come riproduzione in remoto delle attività ordinaria, oltre ad apparire illegittime e inapplicabili, richiedono inoltre, implicitamente ed esplicitamente, che sia i docenti sia gli alunni possano accedere, in modo generalizzato, a connessioni internet con strumenti software e hardware adeguati, cosa che non può certamente darsi per scontata, né il Ministero si è preoccupato di verificare almeno sommariamente la reale disponibilità delle strumentazioni idonee prima di impartire le indicazioni».